Mafia di Stato e Stato di Mafia

ATTILIO BOLZONI PER “LA REPUBBLICA”

Nell´estate di diciassette anni fa era uno di quei «giudici ragazzini» al fianco di Paolo Borsellino, a Marsala. Oggi è il procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo che indaga sulla trattativa intorno alla quale Paolo Borsellino probabilmente è morto. Antonio Ingroia parla della svolta nelle inchieste sulle stragi.

«I miei colleghi di Caltanissetta stanno procedendo con grande rigore, in questi mesi stanno affiorando tanti particolari che possono fare finalmente luce su misteri durati troppo a lungo». Parla del comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti che «rileggerà» tutte le carte sui massacri siciliani: «E´ un segnale di attenzione molto importante».

Parla di Totò Riina e della sua improvvisa voglia di verità: «Io non credo che lui abbia voluto inviare un messaggio a noi magistrati, ma credo che lo abbia voluto mandare a qualcun altro».

In quest´intervista a Repubblica, Ingroia lancia un appello: «Chi sa parli: questo è il momento giusto per raccontare tutto su quello che è avvenuto fra il maggio e il luglio del 1992».

Procuratore Ingroia, pensa davvero che questa volta siamo a una svolta sulle stragi siciliane?
«Credo di sì. E nelle ultime settimane, anche qui a Palermo, sono venuti fuori particolari estremamente interessanti. E´ decisivo che chiunque sia a conoscenza di qualcosa su quelle vicende, dentro e fuori le istituzioni, si faccia avanti. Anche se sono ricordi lontani. Magari per alcuni di loro possono sembrare insignificanti, ma per noi magistrati che indaghiamo e che abbiamo raccolto nuovi elementi, anche quei particolari potrebbero esserci molto utili. E´ il momento giusto per riferirli».

Come ha fatto l´ex presidente della Camera e dell´Antimafia Luciano Violante…
«Non posso aggiungere niente alla testimonianza di Violante, però è evidente che certi ricordi assumono nelle nostre indagini significati importanti anche dopo tanto tempo. Mi riferisco anche a quello che potrebbero dire uomini di Cosa Nostra, i collaboratori di giustizia che tanti anni fa hanno riferito molti fatti e forse non altri perché li avevano giudicati ininfluenti».

Il Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, ha deciso di ascoltare il procuratore capo di Caltanissetta Sergio Lari e in pratica di indagare sugli 007: lei, cosa ne pensa?
«E´ un segnale importante, come quello che è venuto qualche giorno fa dalla commissione parlamentare antimafia che ha deciso di avviare un´inchiesta sulle stragi a cavallo fra il 1992 e il 1993. E´ da molti anni che i familiari delle vittime delle stragi, penso per esempio a Rita Borsellino, chiedevano quest´attenzione. Ma poi devono seguire i fatti. L´attività del comitato non dovrà certo sovrapporsi alle inchieste della magistratura – ma sono sicuro che non avverrà – e dovrà servire da stimolo nei confronti di altri istituzioni».

E´ evidente che lei, procuratore, sta pensando al Palazzo, alla politica.
«Alla politica come legislatore e alla politica come amministrazione. E´ il momento questo anche di fornire il massimo di strumenti operativi e legislativi per potere andare avanti per svelare le zone rimaste al buio».

Cosa dovrebbe fare la politica, secondo lei, per arrivare a scoprire altri pezzi di verità su quello che è accaduto nel 1992 in Sicilia?
«Voglio fare un paio di esempi. Nel 1982 fu approvata la legge Rognoni La Torre e, subito dopo, produsse collaborazioni di mafiosi come quella di Tommaso Buscetta. E poi ci fu il maxi processo di Palermo. In tempi più recenti, la legislazione post stragista del 1992 produsse risultati straordinari nella repressione contro Cosa Nostra. Ora, siccome da qualche anno la legislazione antimafia è stata caratterizzata da segnali negativi, in una fase delicata come questa bisognerebbe cambiare rotta».

Come, procuratore? Faccia esempi precisi.
«Ripensare alla soglia di sbarramento dei tempi sull´acquisizione dei tabulati telefonici. E poi c´è da riflettere anche su un segnale equivoco nei confronti della criminalità organizzata: la stretta sulle intercettazioni telefoniche e ambientali previste dall´ultimo disegno di legge. E si dovrebbe rivedere quella norma sui collaboratori di giustizia che devono raccontare una vita intera entro sei mesi di tempo. Se lo Stato vuole fare sul serio contro la criminalità mafiosa, oggi dovrebbe riaprire anche le carceri di Pianosa e dell´Asinara».

Parliamo dell´”uscita” a sorpresa di Totò Riina: che cosa avrà mai voluto dire il capo dei capi con quell´invito allo Stato “di guardarsi dentro”?
«Rimango convinto di quello che ho pensato fin dal primo momento. Totò Riina non era tanto interessato a spedire un messaggio ai magistrati di Caltanissetta che indagano sulle stragi o a quelli di Palermo che indagano sulla trattativa fra Mafia e pezzi dello Stato: Totò Riina lo voleva mandare ad altri. Ci sarà tempo per decifrare anche quelle parole»

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